L’andamento climatico delle ultime stagioni porta a una riflessione non solo agronomica sul futuro del settore e anche dell’olio extra vergine di oliva, almeno come lo conosciamo oggi.
I cambiamenti climatici possono infatti modificare la composizione degli acidi grassi e la concentrazione di alcuni composti minori che conferiscono, oltre a molte delle sue proprietà nutrizionali, caratteristiche di purezza e differenziazione da altri grassi.
Ecco quindi un breve profilo dell’influenza dei cambiamenti climatici sulla composizione dell’olio di oliva
L’influenza maggiore del cambiamento climatico sugli oli d’oliva si avrà sul profilo degli acidi grassi. I risultati ottenuti da diversi ricercatori prevedono una riduzione del contenuto di acido oleico in molti oli. Tuttavia, ciò che preoccupa non è che le varietà ricche di oleico vedano diminuire questo tenore ma che altre varietà, ricche di acidi grassi polinsaturi, aumentino il loro contenuto di acido linolenico. Negli ultimi anni, in alcune varietà sono stati registrati valori elevati, dovuti al fatto che le consuete alte temperature tra agosto e ottobre riducono il contenuto di oleico e aumentano gli acidi grassi polinsaturi (linoleico e linolenico), palmitoleico e palmitico. Il principale acido grasso che non ne risentirebbe sarebbe lo stearico.
La legislazione attuale, sia del Consiglio Oleicolo Internazionale che dell’Unione Europea, limita il contenuto di linolenico all’1%.
In condizioni meteorologiche simili a quelle che avremo nel prossimo futuro nel bacino del Mediterraneo: inverni più miti, primavere più calde e temperature minime più elevate, la varietà Arbequina porterebbe a oli con valori linolenici dell’1,9% e valori palmitici superiori al 22%.
L’evoluzione del contenuto di steroli ed eritrodioli+uvaoli è un argomento che non è stato sufficientemente studiato.
L’evoluzione verso l’alto degli steroli con il cambiamento climatico potrebbe essere in linea con i risultati ottenuti in altre ricerche che mettono in relazione la variazione della composizione con l’altitudine della coltivazione dell’olivo. Si prevede un aumento dei principali steroli Sitosterolo, Campesterolo e Stigmasterolo.
I cambiamenti fisiologici dell’olivo porteranno senza dubbio a una variazione della concentrazione di composti minori negli oli, poiché molti di questi composti sono sostanze di difesa o del metabolismo secondario dell’olivo che appaiono per solubilità negli oli di oliva.
Tra questi composti, i primi risultati mostrano una prevedibile riduzione del contenuto di squalene. Questo composto è il principale idrocarburo degli oli di oliva e, sebbene il suo ruolo nella stabilità ossidativa degli oli non sia chiaro, è un composto di interesse nutrizionale e, soprattutto, di utilizzo nei sottoprodotti di raffinazione per uso cosmetico.
Per quanto riguarda i tocoferoli, e tenendo conto degli studi sulla coltivazione dell’olivo in diverse condizioni ambientali e di altitudine, è prevedibile una leggera riduzione della concentrazione negli oli. È vero che ci sono molte varietà con contenuti alti e bassi, così come coltivate in aree in cui subiranno in misura diversa i cambiamenti nel prossimo futuro, essendo questa affermazione una possibile tendenza.
Per quanto riguarda la composizione di alcoli alifatici e cere, si prevede un aumento significativo. Alcuni dati suggeriscono un aumento di 40-50 mg/kg fino a 150 mg/kg nelle cere, a causa delle temperature medie più elevate.
Una delle grandi incognite è il modo in cui il cambiamento climatico influirà sulle caratteristiche organolettiche, non in termini di classificazione degli oli, ma in termini di intensità e descrittori aromatici. In linea di massima, alcuni studi sullo stress idrico dimostrano che un elevato stress negli olivi è negativo a livello sensoriale, favorendo la produzione di oli squilibrati e con minore intensità aromatica. Gli enzimi che innescano le reazioni della via lipossigenasica si trovano nel mesocarpo e un rapporto elevato o basso tra nocciolo e polpa cambierebbe le caratteristiche aromatiche.
È prevedibile che gli oli possano avere, nel complesso, una stabilità ossidativa inferiore, ma non in modo drastico, bensì intorno al 10%. Il minore contenuto di oleico, il maggiore contenuto di polinsaturi, la minore quantità di tocoferoli e, prevedibilmente, di fenoli, dimostrerebbero una minore capacità di rallentare i processi ossidativi. Ciò dovrebbe preoccupare maggiormente le varietà poco stabili nel tempo, che dovranno presentare meccanismi aggiuntivi o soluzioni commerciali per attenuare le loro proprietà sensoriali e nutrizionali.